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Memorie dell'Accademia Urbense


AA. VV., Didattica e centri storici. Rocca Grimalda. Una esperienza concreta, Memorie dell'Accademia Urbense (nuova serie) n. 18, Ovada 1995, 128 pp.

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Dalla Premessa:

Sulla storia di Rocca Grimalda già conosciamo un volume edito dall'Accademia Urbense: "Rocca Grimalda: una storia millenaria" e il recente saggio di Francesca Cacciola: "Sul feudo della Rocca". Uno studio, quello della Cacciola, approfondito e ricco di notizie.
A distanza di appena un anno, l'antico Feudo della Rocca viene riproposto all'attenzione dei lettori e degli storici, per iniziativa di alcuni gruppi di studenti e insegnanti di vari Istituti Superiori locali,che vanno dall'IT.I.S. "Barletti" e dal Liceo Scientifico Statale di Ovada, all'Istituto d'Arte "Ottolenghi", sezione Architettura e sezione Legno, di Acqui Terme.
Un lavoro, dunque, di gruppo, inteso a far conoscere e tramandare un patrimonio storico e ambientale - e a difenderne l'originalità e le caratteristiche - che l'arbitrio e la dissennatezza di certa edilizia moderna rischiano di distruggere.
L'iniziativa è nata in risposta al "Progetto Giovani", lanciato dal Ministero della Pubblica Istruzione con la finalità dichiarata di "Istruire e divertire insieme". Ne è risultato questo volume: il primo del genere che sia stato portato a termine. Cui faranno seguito una mostra fotografica a Rocca Grimalda e ad Acqui, e un convegno didattico-illustrativo che si terrà nello stesso Borgo il 20 e il 21 maggio prossimi.
Di carattere prevalentemente tecniche, le ricerche sono state orientate a valorizzare quanto, e come, si è costruito nel corso dei secoli: a mettere cioè in risalto la validità artistica di quella che erroneamente viene classificata come edilizia minore, e che, in realtà, è opera d'arte di un'intera collettività.
Nel quadro complessivo sono stati rintracciati e studiati anche i vecchi percorsi che costituirono le vie di comunicazione tra le varie comunità; e messa in rilievo la pianificazione territoriale, che caratterizzò l'economia agricola del tempo.
Una Rocca Grimalda, dunque, rivelata nelle sue più concrete strutture, nella sua ossatura, che aiuta l'occhio del profano a meglio comprendere l'aspetto di superficie.
Un aspetto, per certe particolarità. quasi guerriero, che ci richiama alla mente il periodo più travagliato della storia monferrina: la lunga difesa contro le scorrerie saracene, le lotte sanguinose per la libertà del Marchesato, le invasioni degli eserciti stranieri, i saccheggi delle bande di ventura. E tuttavia, basta volgere lo sguardo all'intorno, dall'ampia terrazza che delimita il Borgo a sud, per dimenticare i fragori delle armi e ritrovare la pace e la dolcezza di una terra tra le più generose del Piemonte. Anfiteatri naturali, lavorati pazientemente dal sudore dell'uomo, digradano ininterrotti dai contrafforti delle antiche mura verso la piana, creando, ai piedi della Rocca, che pare toccare il cielo, una cornice di incomparabile suggestione: rotta, nei suoi lunghi silenzi, dalle voci dei vignaioli o dal motore di un trattore; o, nei periodi del raccolto, animata dal lavoro lento e pacato dei contadini.
Rocca Grimalda è tutta qui, stretta attorno al suo castello, alla vecchia chiesa di Santa Limbania, e di San Giacomo: testimonianza, quest'ultima, di un'origine che risale al X secolo, al tempo degli imperatori germanici. E' tutta qui, disponibile nelle sue perfette strutture, ricca di monumenti e di tradizioni, legata al proprio passato persino nei nomi che ricorrono sulle sue targhe stradali: via Torricella, piazza della Porta, via dei Calderai, che ci riportano a posti di avvistamento, a passaggi obbligati e a corporazioni artigiane.
Troppo densa di avvenimenti è la storia di questo piccolo Borgo, per poterne anche solo tracciare un limitato disegno. Passato dagli Aleramici ai Malaspina, occupato da Alessandria per i Visconti e da questi restituito al Marchesato del Monferrato, fu successivamente conquistato anche dai genovesi. Quindi vi rientrarono i Visconti, che l'assegnarono a Gian Galeazzo Trotti. Per intervento imperiale il Borgo ritornò ai Gonzaga, Duchi di Monferrato. Finché, con decreto imperiale, del Borgo vennero investiti i Grimaldi, da cui Rocca trasse l'attuale denominazione.
E' una storia che, ripercorrendo i suoi vicoli, soffermandoci davanti ai bastioni del castello, o alle facciate delle chiese e dei palazzi, par di sentire ancora adesso viva e presente; come ne respirassimo il sapore, che neppure i molti secoli trascorsi sono valsi a disperdere. E c'è, intatto, anche il sapore della vita più segreta che viene da nascoste e fonde cantine: il profumo dei dolcetti e dei barbera fermentati nei tini. Ed è, anche questo, un sapore antico che ha scandito, e scandisce, da sempre, le vicende di Rocca Grimalda e dei suoi abitanti, e il corso inarrestabile del tempo e delle sue stagioni.
Pertanto, degno di ammirazione e di encomio questo delicato e faticoso lavoro di équipe, che gli studenti e gli insegnanti di Ovada e di Acqui hanno portato a buon fine. A ricordo di ciò che i nostri antenati seppero edificare, e a monito per quei posteri che ne volessero contaminare o distruggere l'antica purezza.

Marcello Venturi